La “Via Crucis”, cioè il cammino della croce alla sequela di Gesù che, condannato a morte, sale al Calvario, ha origine nel Medioevo quando si riproducono in occidente i luoghi santi di Gerusalemme. Il terreno di questa pratica viene preparato dalla devozione di san Bernardo di Chiaravalle († 1153), san Francesco d’Assisi († 1226) e san Bonaventura da Bagnoregio († 1274). Ma è in Terrasanta che ha inizio la “Via Crucis” come esercizio di meditazione e di preghiera. Uno dei primi autori a farvi allusione è Ernoul, che nel 1228, parlando di Gerusalemme, accenna a “un cammino percorso da Cristo dalla porta Dolorosa verso il Calvario “. Nel 1294 ne farà menzione diretta un certo Ricoldo de Montis Crucis: “Salendo la via per la quale salì Cristo portando la croce, troviamo il luogo della crocifissione”. Sono accenni. Poi i pellegrini cercheranno di identificare i diversi luoghi dove si sono svolti gli eventi accennati dai Vangeli e lentamente si sono inserite anche tradizioni devozionali. Con le crociate e con l’aumento dei pellegrinaggi in Palestina ci sono state una più ampia diffusione e l’erezione di memorie del Calvario e delle stazioni dolorose di Cristo un po’ in tutta la cristianità. Inizialmente c’era una croce, un segno in ricordo del fatto. Solo successivamente il mistero è stato raffigurato per la meditazione e la catechesi. Un convinto ed efficace propagatore di questa pratica è stato san Leonardo da Porto Maurizio († 1751), frate minore e instancabile missionario. Ha eretto 572 “Via Crucis”, la più famosa è quella eretta nel Colosseo a Roma nel 1750.
La Via Crucis è stata per secoli una forma di devozione molto radicata nel popolo cristiano e continua a esserlo ancora oggi. La ragione è da ricercarsi,
senza dubbio, nel fatto che si tratta di una pratica o di un esercizio devoto sulla figura umana e sofferente di Cristo. La congregazione francescana ha storicamente il merito di aver introdotto questa pratica religiosa nella coscienza del popolo cristiano. Ma nei tempi recenti, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, si è percepita l’esigenza di un forte ritorno all’essenzialità della Passione di Cristo e alla sua autenticità evangelica. Pertanto, si è cercato di rinnovare questo esercizio della pietà popolare conferendogli un’altra forma e mettendo fortemente in risalto gli aspetti:
• Biblico, con letture della Parola, tralasciando (eventualmente) le stazioni che non hanno base evangelica, ma sono tratte da leggende edificanti.
Un buon esempio in questo senso l’ha dato l’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. Esso, nell’apprestare la “Via Crucis” presieduta dal Papa ogni venerdì santo al Colosseo, ha creato testi strettamente dipendenti dalle narrazioni evangeliche della passione (vedi nota a p. 57).
• Liturgico, con riferimento all’anno liturgico.
• Pasquale, con la tendenza ad aggiungere la stazione della risurrezione e a guardare il cammino della croce alla luce della Pasqua. Di recente, anzi, è stata proposta una nuova formula, la “Via lucis”, la via della Risurrezione. Il volume ne riporta uno schema, mentre nella bibliografia vengono segnalati i testi attualmente in circolazione.
• Umano-sociale, che insiste nell’avvicinare il mistero di Gesù al cammino doloroso e pieno di speranza degli uomini di oggi.
• Comunitario, che cerca di alimentare la pietà cristiana, evitando il tono sentimentale e insistendo sugli aspetti partecipativi.
Abbiamo raccolto 40 schemi della “Via Crucis”, quasi una carrellata di proposte per la preghiera, la meditazione e la celebrazione. Alcune “Via Crucis” si prestano più alla meditazione personale che alla preghiera comunitaria: l’indice tematico aiuta a localizzare il testo più idoneo alla sensibilità del lettore e all’occasione di preghiera. Esistono infinite possibilità, perché la Passione del Signore è una fonte inesauribile di contemplazione e di concretizzazione nella vita di ogni giorno. Ci siamo limitati a 40 schemi che prendano in considerazione, almeno simbolicamente, alcune sfaccettature essenziali della pietà popolare e alcune categorie di persone. Le interpretazioni sono molto più ampie. E la bibliografia riportata dà atto che ci molte altre possibilità di attuazione. Anche questa non è una raccolta esaustiva: sono state prese in considerazione solo le pubblicazioni rintracciabili oggi in libreria, con qualche eccezione.
La celebrazione comunitaria della “Via Crucis” merita una preparazione accurata: i gruppi di giovani la vivono intensamente quando la preghiera è accompagnata da segni e gesti che svelano il suo profondo senso spirituale. La “Via Crucis” trasmette anche oggi forti aiuti alla vita di fede del cristiano
e corrobora la crescita delle comunità cristiane, perché:
• aiuta a focalizzare nella morte di Cristo il dono di salvezza che egli compie per noi. È questo il momento culminante della nostra salvezza. Qui si capiscono la serietà del cammino messianico, la profondità della sua incarnazione in vista della morte e la radicalità dell’amore di Dio per la nostra salvezza;
• coinvolge ciascuno di noi nel cammino di Gesù verso la Croce;
• meditando sul cammino della croce al seguito degli evangelisti noi pure siamo chiamati a dare una risposta concreta alla nostra vocazione d’amore a Dio e ai fratelli;
• la passione di Cristo ci rende solidali con il dolore dell’umanità ed è stimolo per alleviare ogni sofferenza;
• anche attraverso il linguaggio popolare, a volte ricco di sentimento, siamo educati alla contemplazione e all’orazione fiduciosa.
Con questa pubblicazione crediamo di offrire un buon servizio pastorale al popolo cristiano e ai suoi ministri, affinché la contemplazione del mistero della morte e della risurrezione di Gesù non decada nella consuetudine recitativa, ma serva all’incontro con i fratelli che percorrono la loro “via crucis” di sofferenza quotidiana. Paolo VI disse: “…Come Cristo, bisogna darsi volontariamente, gratuitamente, e anche dolorosamente per il bene altrui, per la redenzione dell’umanità, per la salvezza e per la pace nel mondo”. Oggi più di ieri.